IL GIORNO DI NATALE

Se la vedi dille ciao
salutala ovunque sia
è partita tempo fa

Nillo attraversava in fretta quella strada buia con il freddo che penetrava fino dentro i calzini. Aveva le mani affondate nelle tasche, la sciarpa fino al naso, il berretto di lana irlandese in testa. Ma niente, lo sapeva, quella sera sarebbe riuscito a scaldarlo..

Anche se siamo monete di valore svalutate da una misera realtà

Non la conosceva, quella canzone, fino a cinque giorni prima. Quei versi li aveva trovati scritti nello stato gmail di Amélie, qualche tempo prima, ma non aveva idea di dove venissero. Poi, durante le prove del recital lei l’aveva suonata con gli Eldar.

Si chiamava Il giorno di Natale, proprio come il suo libro, ed era uscita già da una decina di anni. Non era strano che non la conoscesse, quella canzone, perché il cantautore che l’aveva scritta era uno di quelli che  sopportava meno, il vecchio Nillo, anche se quando era un adolescente sfigato non aveva potuto fare a meno di identificarsi in alcuni dei suoi più grandi successi. E ad ascoltarla bene, non è nemmeno che fosse questo capolavoro, la canzone in questione: abbastanza banale – alla fine dei conti – sia nel testo che nella melodia. Ma  nella loro esecuzione gli sembrava bellissima e quell’introduzione al piano di Amélie la trovava struggente e poetica come poco altro.

Siamo petali caduti nella vita
dallo stesso fiore

Era fiorita a Natale, la rosa di Nillo e Amélie, due anni prima. In un’antica chiesa di un paesino di montagna era andato in scena il recital natalizio di Leone, racconti e poesie accompagnati dal pianoforte di Amélie Chopin.

Si conoscevano poco più che di vista, Nillo e Amélie. Si erano incontrarti  qualche mese prima, durante il festival organizzato dallo stesso Leone con Nillo per la festa di San Valentino.  Si erano conosciuti proprio il giorno di San Valentino, sulla tomba del santo. Buffo, no?

Poi si erano ritrovati, neanche a dirlo, sul Libro delle facce, otto mesi dopo.

Quella sera, dopo il recital, si erano fermati a cantare al pianoforte fino a tardi. Poi Nillo le aveva lasciato un messaggio in bacheca conciso ma inequivocabile: “Bellissima. Bravissima. Gran vestito”.

Qualche sera dopo si erano incontrati nella rete sociale e avevano chiacchierato fino a notte fonda. Poi Nillo aveva trovato una scusa per rivederla: registrare qualche sua esecuzione al pianoforte da inserire nella versione radiofonica del suo libro di racconti natalizi.

Quella breve sessione al pianoforte, il giorno di Santo Stefano, si era trasformata in un intero pomeriggio di chiacchiere e di sguardi. Avevano parlato di tutto, in quel lungo pomeriggio. Lei  gli aveva fatto ascoltare alcune sue composizioni orchestrate al computer, lui le aveva detto che gil sarebbe piaciuto registrare anche la sua voce per un racconto su un Pinocchio trentacinquenne.

Avevano suonato, parlato, scherzato. E lo aveva anche un po’ umiliato, il povero Nillo, quando era arrivato il suo boy dal nord per passare il capodanno insieme e lei aveva chiesto al Nillo di accompagnarla alla stazione per andarlo a prendere.

La fiamma era già accesa, anche se forse non avevano il coraggio di ammetterlo nessuno dei due. Ma lo sguardo ferocemente cordiale che si scambiarono Nillo e il fidanzato di Amélie la diceva lunga su quelli che sarebbero potuti essere gli sviluppi di quella amicizia così particolare.

Poi Nillo, per capodanno, se ne era andato in Romania, e ogni giorno scriveva messaggi sul cellulare alla piccola Chopin. E ogni risposta che gli arrivava dall’Italia sembrava pregustare il momento in cui si sarebbero rivisti. E il vecchio Nillo, per questa giovane quasi-sconosciuta, aveva preso anche un regalino; un regalino che, però, non le avrebbe dato mai.

Dille che non si preoccupi
per le cose lasciate qui
e se crede che l’abbia scordata
non dirle che non è così

Al suo ritorno il ragazzo di Amélie era già ripartito e nel suo ultimo messaggio, il giorno stesso in cui era atterrato a Fiumicino, Nillo le aveva proposto di andare al cinema. Lei aveva tentennato un poco, poi aveva detto di no e Nillo si era ritirato nel guscio come una lumaca. Le aveva promesso di andarla a trovare per la Befana, con la scusa di portarle il libro con i suoi racconti. Poi, però, non era andato. Aveva capito che era il caso di lasciar cadere quell’amore impossibile per una ragazzina di diciassette anni. Aveva già intuito, forse, che non si sarebbero visti per quasi un anno.

Anche se ti hanno convinto che l’amore è la più bugiarda delle verità

C’erano tornati insieme, un anno dopo, in quella chiesa medievale, nel paese di montagna, a vedere il nuovo recital natalizio di Leone, accompagnato questa volta dagli Eldar.

C’erano tornati insieme, mano nella mano. Le avevano nascoste sotto il cappotto, le loro mani che non riuscivano a stare lontane, per non farsi vedere. Ché ancora non lo sapeva mica nessuno, che stavano insieme. Solo Leone. Solo lui lo sapeva, anche se quella sera – alla cena dopo lo spettacolo – lo avrebbero saputo anche gli altri.

Non si può mica tenere nascosto il sole.

La clandestinità era durata pure troppo, in quegli ultimi trenta giorni. Si volevano bene. E che c’era di male?

Lui l’aveva sempre cercata, da molto prima che lei nascesse

L’aveva scritta tredici anni prima, quella frase, parlando dell’amore tra Charlie Chaplin e la sua ultima moglie, Oona O’Neil. Quando si erano sposati lui aveva cinquantaquattro anni e lei diciiotto. Aveva solo cinque anni, Amélie, quando Nillo aveva scritto quel racconto.

Era l’unico vero amore della sua vita. Le altre erano solo goffi tentativi di trovare lei

L’aveva chiamata, una domenica alle due. “C’è un sole stupendo. Aria da passeggiata”. “Ti stavo per chiamare per dirti la stessa cosa” le aveva risposto lei.

E avevano passeggiato tra le vie addobbate a festa della città, passando sotto quella giostra. Quella giostra su cui Nillo non era mai salito. Aspettava, per farci un giro, di trovare una persona speciale. E stavolta, stavolta era convinto di averla trovata. Gli avevano anche regalato due biglietti, per quella giostra e Nillo ne aveva dato subito uno ad Amélie.

Eppure no, non ci sarebbero saliti nemmeno quell’anno, su quella giostra antica.

Erano tornati a casa di lei, a registrare nuove musiche per il radioracconto. E poi Amélie aveva fatto anche l’attrice, interpretando il ruolo della Fatina nel Vecchio Pinocchio.

Abbiam dovuto dividerci
e sbatterci qua e là
ma per quelli che si amano
non è certo una novità

Avevano passato il giorno di Natale a casa di lui. Tutta la famiglia di Nillo si era innamorata di Amélie, che aveva suonato la pianola fino alle due di notte, cantando classici e strimpellando canzoncine, cenando con amici e parenti e ammirando il maestoso presepe e le stupende decorazioni fatte dai genitori di Nillo. Le sembrava di aver trovato una nuova famiglia, alla piccola Chopin. Sembravano felici.

Un pomeriggio la neve li aveva sorpresi a Collescipoli. Ed era stato amore, e baci, e foto, e filmini e poi un grande spavento per scendere a valle con la macchina che scivolava sul ghiaccio col contachilometri a 20 e il rischio di un testacoda ogni mezzo metro.

Il nuovo anno, però, aveva addensato le prime nubi su quel giovane e delicatissimo rapporto d’amore. La situazione era precipitata in così poco tempo che anche quell’anno la Befana si era portata via la speranza di un amore duraturo.

Nillo non sapeva perché, ma Amélie – che pure lo amava, e lo amava tanto, lo sapeva questo – aveva bisogno di allontanarsi da lui. E lo aveva fatto, lasciandolo solo e disilluso.

Se sei ancora prigioniero di un errore che ti ha fatto male

C’erano tutti, quell’anno, nel recital natalizio di Leone. A parte la chiesa medievale nel paesino di montagna, perché quell’anno lo spettacolo si era spostato in un auditorium nel centro storico della città, ma questa volta – per la prima volta – erano tutti dalla parte dei riflettori. Amélie suonava con gli Eldar e Leone, quell’anno, aveva scelto di recitare anche alcuni racconti di Nillo.

Ma quella sera Nillo e Amélie non si guardarono nemmeno in faccia. I loro sguardi non si erano incrociati mai, né durante le prova generale né durante lo spettacolo. Alla fine lui le si era avvicinato – non troppo, per carità – e si era limitato a farle i complimenti. Lei aveva ringraziato senza nemmeno sorridere.

Quella piccola ragazza era tutta la sua vita

Poi si erano tenuti a debita distanza. Lo spazio era relativamente piccolo, ma in quel piccolo loro si tenevano saldi ai due angoli opposti. E quando, a un certo punto, la madre di Paffu, sorridendo, gli aveva detto: “Si vede che sei tanto innamorato” Nillo aveva cominciato ad imprecare allontanandosi rabbiosamente.

E adesso che se ne andata
e adesso che non c’è
è ancora nel mio cuore
è ancora vicino a me
Se mai la incontrerai
dalle un bacio da parte mia
ho sempre avuto rispetto per lei
per come se ne andata via

Eppure per un momento era sembrato quasi che Amélie volesse parlare. Un tipo si era avvicinato a Nillo con una bottiglia di spumante: “Lo vuoi un goccio?” gli aveva detto, e mentre Nillo porgeva il bicchiere vuoto lei si era avvicinata correndo: “Anche io” aveva detto sorridendo.

Erano restati per qualche minuto in tre, a brindare. Col tizio che parlicchiava con entrambi, e loro due che facevano finta di non guardarsi. Nillo avrebbe voluto proporre un cin cin, ma non aveva trovato il coraggio. E quando finalmente il tizio se ne era andato, non aveva fatto in tempo nemmeno ad aprire bocca che Amélie era già lontana.

Aveva tentato un altro paio di volte un fugace approccio senza successo, finché non le si era avvicinato e le aveva detto finalmente: “Possiamo parlare un momento?”.

Voleva chiederle perché, da qualche giorno, non gli rivolgeva la parola. Perché ce l’aveva con lui. Era evidente, che ce l’aveva con lui. Era più di una settimana che non gli rispondeva al telefono, non rispondeva ai suoi messaggi e su gmail era di ghiaccio.

Quando si erano visti alle prove dello spettacolo, in quei pochi secondi che erano rimasti soli lui le aveva detto “tutto ok?” e lei, per tutta risposta, si era girata dall’altra parte.

Non riusciva a spiegarselo, quell’atteggiamento, il triste Nillo. In quegli ultimi mesi si erano rivisti spesso. E si erano anche abbracciati, più di una volta.

Forse proprio questo era il problema?

Una settimana di Natale le aveva chiesto di uscire. Proprio per chiarire. Per capire perché Amélie dimostrava sempre più disagio, quando si vedevano. I casi erano due: o temeva che lui fosse ancora innamorato di lei, o temeva lei di essere ancora innamorata di lui.

Le aveva chiesto di uscire insieme per chiarire. E per prendere provvedimenti. Provvedimenti che per Nillo – un po’ semplicisticamente, è vero – si riassumevano nel tornare insieme o no.

Ora, quali sentimenti albergassero davvero nel cuore di Amélie, non era riuscito a capirlo, che la piccola aveva detto tutto e il contrario di tutto, quella sera. Aveva continuato a non rispondere alla fatidica domanda “Amore finito o amore impossibile”, eppure a un certo punto aveva persino tirato fuori quel biglietto della giostra che ancora aspettava di essere usato.

Ma era chiaro che – comunque – non aveva nessuna intenzione di tornare con Nillo. E questo bastava.

Se per Nillo la questione era risolta, però, per Amélie le cose sembrava si fossero addirittura aggravate. Se prima sembrava a disagio, ora appariva decismente incazzata. Nillo aveva iniziato a progettare un recital tratto dal suo libro, e lei aveva creato un sacco di problemi, col preciso scopo – secondo Nillo – di farsi escludere.

Che ci fosse qualcosa che non andava, Amélie lo ammetteva. Ma cosa fosse si rifiutava di dirlo.

“Possiamo parlare un minuto?” le aveva chiesto Nillo.
“Che cosa mi devi dire?”
“Vorrei parlarti in privato”.
“No. Io non ho niente da dirti, e quello che devi dirmi puoi dirmelo qui”.

Era seguita una piccola scenata, di fronte a tutti. Ecco, ora sapevano tutti che avevano un problema. Ma quale fosse un problema, non lo sapeva nemmeno lui.

“La verità è che ti da fastidio vedermi. La mia presenza ti è odiosa”
“Non mi è odiosa. Mi è indifferente”.
Quando venne il momento di salutarsi, Nillo le disse solo: “Buon Natale”.

Se fosse un augurio sincero o un modo per farle capire che il suo spettacolo, lei, non lo avrebbe fatto, non gli riuscì di capirlo nemmeno a lui.

Se c’è un altro che le sta accanto
certamente non sarò io
a mettermi fra di loro
ci scommetto che non sarò io

Sapeva solo che avrebbe cercato la pace fino all’ultimo, e inutilmente. Quel nemico invisibile aveva ormai distrutto tutto. E per farlo aveva scelto proprio Natale. Che era, in qualche modo, il loro anniversario. Anche se di anniversari mi sa che che ne avevano un po’ troppi, disseminati lungo l’anno.

Per una vita che rinasce in una stalla e un cuore universale

Nillo attraversava frettolosamente via XI Febbraio, pensando a come è sarcastico il destino, a volte. Il Natale dà, il Natale toglie. Non solo l’amore, ma anche la pace – quell’anno – il Natale si era portato via.

Faccio un lavoro strano
vedo gente in quantità
e mi capita ogni tanto di sentire il suo nome
in giro per le città
E non c’ho fatto ancora l’abitudine
o forse mai ce la farò
sarà che sono troppo sensibile
o nella testa chissà che c’ho

Questa, invece, era di De Gregori. Gliel’aveva postata Agnese, il giorno prima.

Anche Agnese era un’artista, anche se lei – anziché i tasti – suonava le parole. Aveva la stessa età di Amélie, e una sera che erano andati insieme all’Irish pub, l’avevano scambiata per sua figlia.

Sole grande, luna blu
il passato è ancora qua
e so a memoria i ricordi
e il tempo prende velocità
Se tornasse da queste parti
il mio indirizzo la gente lo sa
tu dille che può cercarmi
se trova il tempo mi troverà

Nillo attraversava frettolosamente via XI febbraio, pensando a come è sacrastico il destino. E mentre osservava, con gli occhi appannati dalle lacrime, le luminarie e gli addobbi a festa della città, riascoltava nella sua mente il pianoforte di Amélie che intonava quella canzone…

Rendi il bene per il male.
Buon Natale

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